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Lennie Tristano

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Un antefatto

Le melodie umane, in origine scandite soltanto dal ritmo di lavori tribali e dal bisogno di cantilenare ninne-nanne e preghiere, sono poi andate incontro a una serie sempre più complessa di progressi e mutazioni che hanno modificato in profondità le nostre vibrazioni emotive. L’immaginario acustico è il risultato di molteplici snodi storici fra cultura alta e bassa, ma anche di esperienze, combinazioni e interazioni che influenzano la formazione dei singoli individui. Ecco la mappa cronologica di uno dei tanti possibili tour nel mondo delle meraviglie musicali.

7 maggio 1747. Residenza reale Sanssouci, Potsdam. Incontro tra Federico il Grande e Johann Sebastian Bach durante il quale il compositore improvvisa al clavicembalo sulle note di un tema suggerito dal sovrano prussiano e poi trasfigurato nella raccolta l’Offerta musicale.

2 gennaio 1793. Saal der Restauration Jahn, Vienna. A due anni dal decesso del compositore avvenuto il 5 dicembre 1791, prima esecuzione pubblica del Requiem di Wolfgang Amadeus Mozart in un concerto di beneficenza a favore della vedova Constanze e dei figli.

7 maggio 1824. Theater am Kärntnertor, Vienna. Prima esecuzione della Sinfonia n. 9 di Ludwig van Beethoven. Nel XX secolo la corale del IV movimento diverrà, nelle versioni di Herbert von Karajan (per piano, per banda e per orchestra), l’inno ufficiale dell’Unione europea.

11 marzo 1829. Sing-Akademie, Berlino. Storica rivalutazione dell’architettura sonora e dei misteri spirituali di Bach grazie all’esecuzione pubblica della Passione secondo Matteo, ordinata e diretta con impegno solenne da Felix Mendelssohn.

13-17 agosto 1876. Festspielhaus, Bayreuth. In presenza del Kaiser Guglielmo I, del re Ludwig II di Baviera e di artisti e intellettuali fra i più grandi dell’epoca, Richard Wagner inaugura il festival di Bayreuth con il monumentale ciclo de l’Anello dei Nibelunghi.

23 luglio 1888. Un’anonima osteria di Lilla. Prima esecuzione, da parte di un coro di lavoratori socialisti (La Lyre des Travailleurs), dell’Internazionale composta dall’autodidatta di origine belga Pierre de Geyter (subito licenziato dalla fabbrica in cui lavorava come intagliatore) su parole del poeta rivoluzionario francese Eugène Pottier.

6 ottobre 1927. Warner Theatre, New York. Première di The Jazz Singer, primo film sonoro della storia, interpretato da Al Jolson, cantante ed entertainer tra i più acclamati di Broadway negli anni fra le due guerre.

13 novembre 1940. Broadway Theatre, New York. Prima mondiale del film d’animazione Fantasia concepito e prodotto da Walt Disney, con brani di Bach, Čajkovskij, Dukas, Beethoven, Ponchielli, Musorgskij, Stravinskij e Schubert diretti da Leopold Stokowski.

11 maggio 1946. Teatro alla Scala, Milano. Dopo un lungo esilio politico e musicale, trionfale rentrée di Arturo Toscanini in Italia con il Concerto della Liberazione (brani di Boito, Händel, Puccini, Rossini, Verdi), evento che influenza l’esito dell’imminente referendum per scegliere tra il nuovo ordinamento repubblicano e la vecchia monarchia.

21 dicembre 1947. United Sound Systems, Detroit. Insieme a Miles Davis, Duke Jordan, Tommy Potter e Max Roach, consolidando il suo leggiadro soprannome The Bird, Charlie Parker incide Bluebird e Bird Gets the Worm

29 agosto 1952. Maverick Concert Hall, Woodstock, Stato di New York. Prima «esecuzione», a cura del pianista David Tudor, del brano concettuale e privo di suoni 4’33” di John Cage.

13 dicembre 1954. Jesus-Christus Kirche, Berlino Dahlem. Come successore di Wilhelm Furtwängler, Herbert von Karajan viene nominato direttore musicale a vita dei Berliner Philharmoniker.

11 giugno 1955. Ne parliamo fra un po’, nel capitolo su Lennie Tristano.

31 ottobre 1963. Studi della Columbia Records, New York. Pochi giorni prima dell’assassinio di John F. Kennedy a Dallas, Bob Dylan registra la canzone e l’album The Times They Are a-Changin’.

10 aprile 1964. Wilshire Ebell Theatre, Los Angeles. Ultima esibizione live di Glenn Gould, a soli 32 anni, con l’Arte della fuga di Johann Sebastian Bach.

25 aprile 1966. Scepter Studios, New York. Andy Warhol produce l’album The Velvet Underground & Nico con Lou Reed, John Cale, Sterling Morrison, Maureen Moe Tucker e la vocalist tedesca Nico (Christa Päffgen).

6 dicembre 1966 – Aprile 1967. Abbey Road Studios, Londra. I Beatles registrano l’album Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, prodotto da George Martin, che contiene brani storici come Lucy in the Sky with Diamonds, A Day in the Life e With a Little Help from My Friends. Pubblicato il 1° giugno 1967, sconvolgerà il mercato internazionale della pop music.

18 agosto 1969. Festival di Woodstock, stato di New York. Jimi Hendrix esegue l’inno statunitense The Star-Spangled Banner con selvagge e potenti distorsioni che simulano gli spari e i bombardamenti della guerra in corso nel Vietnam.

19-21 agosto 1969. 30th Street Studio, New York. Con la collaborazione di Chick Corea, Jack DeJohnette, Dave Holland, John McLaughlin, Airto Moreira, Wayne Shorter, Larry Young, Joe Zawinul e altri, Miles Davis registra il doppio album Bitches Brewche inaugura la fusione tra strumenti jazz acustici ed elettronici.

27 maggio 1971. Ascot Sound Studios, New York. Insieme alla moglie Yoko Ono e al produttore Phil Spector, John Lennon registra Imagine, la canzone spontaneamente adottata come inno universale del pacifismo.

19 giugno 1973. Royal Court Theatre, Londra. Prima mondiale di The Rocky Horror Show, uno dei musical più longevi di sempre (circa tremila repliche per il solo allestimento originale). Parole e musica di Richard O’Brien. Da allora lo spettacolo è stato rappresentato in decine di paesi nei cinque continenti.

11 novembre 1974. Auditorium Hokkaido Kōsei Nenkin Kaikan, Sapporo. Ultima esibizione pubblica di Maria Callas (in un recital con Giuseppe Di Stefano). Brani di Bizet, Mascagni, Ponchielli, Verdi.

25 novembre 1976. Winterland Arena, San Francisco. Martin Scorsese riprende il concerto d’addio di The Band (Robbie Robertson, Rick Danko, Levon Helm, Garth Hudson, Richard Manuel) e la partecipazione di Eric Clapton, Neil Diamond, Lawrence Ferlinghetti, Dr. John, Bob Dylan, Emmylou Harris, Joni Mitchell, Van Morrison, Ringo Starr, Muddy Waters, Ron Wood e Neil Young per comporre lo storico docufilm The Last Waltz.

1978-1979.A&M Studios, Hollywo0d + Electric Lady Studios, New York. Insieme a Herbie Hancock, Jaco Pastorius e Wayne Shorter, Joni Mitchell incide l’album Mingusdedicato all’amico contrabbassista deceduto pochi mesi prima.

Gennaio-dicembre 1979. Super Bear Studios, Nizza; Studio Miraval, Le Val, Francia; CBS Studios, New York (sessioni con la New York Philharmonic Orchestra diretta da Michael Kamen); Cherokee Studios e The Producers Workshop, Los Angeles. I Pink Floyd registrano il doppio album con la rock opera The Wall, che tre anni dopo diventa anche un film diretto da Alan Parker.

14 aprile – 8 novembre 1982. Westlake Recording Studios, Los Angeles. Michael Jackson registra Thriller, l’album più venduto di tutti i tempi. Produzione di Quincy Jones, ospiti Paul McCartney e l’attore Vincent Price.

22-28 gennaio 1985. Lion Share Recording Studio, Hollywood. Un supergruppo di 45 artisti registra a scopo benefico, a favore della popolazione etiopica colpita da una terribile carestia, il brano di Michael Jackson e Lionel Richie We Are the World. Produzione di Quincy Jones. Tra i partecipanti Dan Aykroyd, Harry Belafonte, Kim Carnes, Ray Charles, Bob Dylan, Hall & Oates, Michael Jackson, Al Jarreau, Billy Joel, Cyndi Lauper, Huey Lewis, Bette Midler, Willie Nelson, The Pointer Sisters, Lionel Richie, Kenny Rogers, Diana Ross, Paul Simon, Bruce Springsteen, Tina Turner, Dionne Warwick, Stevie Wonder.

11 0ttobre 2014. Teatro Comunale, Bologna. Sergej Krylov, campione di sensibilità e virtuosismo, commuove e stupisce con la sua versione per violino solo della Toccata e fuga in re minore BWV 565 (trascrizione di Bruce Fox-Lefriche). Bach l’aveva composta per organo quando aveva solo diciannove anni.

Cent’anni di solitudine musicale

In mezzo a questa suite di meraviglie non può mancare un evento che – in un’era già popolata da mostri come Walter Gieseking, Nat King Cole e John Cage – riuscì ad aprire ulteriori prospettive all’arte di suonare il piano. Ma prima di evocare quell’incontro, cerchiamo di individuare il percorso artistico e umano che aveva condotto il suo solitario protagonista fin là.

Giusto un secolo fa, il 19 marzo 1919, a Chicago vedeva la luce Lennie Tristano, un bambino di origine italiana destinato a illuminare il mondo sonoro dell’umanità. Purtroppo per lui la luce, non simbolica ma vera, si spense molto presto, a nove anni: un effetto dei danni subiti dalla madre Rose quando, in attesa di partorirlo, aveva contratto la micidiale influenza «spagnola». Prima del definitivo oscuramento visivo, il piccolo Lennie aveva fatto in tempo a strimpellare motivetti sulla pianola di casa e a prendere un anno di lezioni di pianoforte (da grande dichiarò che quegli studi avevano rischiato di allontanarlo per sempre dalla musica). Solo nei dieci anni trascorsi alla Illinois School for the Blind di Jacksonville il giovane Tristano si sarebbe poi seriamente impegnato a studiare: non solo il pianoforte ma anche la tromba, il sax tenore, la chitarra, il clarinetto e la batteria. Tutte esperienze che gli sarebbero poi state poco utili quando, dopo aver frequentato per altri tre anni l’American Conservatory di Chicago, sarebbe iniziata la sua solitudine musicale in un’orchestrina di rumba.

Dopo essersi sposato con la cantante Judy Moore, Tristano trasloca a New York. Seguono varie esperienze in piccoli gruppi che suonano ai matrimoni, qualche collaborazione con alcuni membri di big band come quella di Woody Herman e un ristorante di Freeport, a Long Island, dove suona con il bassista Arnold Fishkin e il chitarrista Billy Bauer. Le prime registrazioni hanno luogo proprio con questi musicisti. Il futuro guru della storia del jazz Gunther Schuller racconta che per quei tempi i giri armonici di Tristano erano troppo avanti.

Nel contempo Tristano inizia a insegnare jazz e soprattutto improvvisazione, con un metodo poco «artistico» ma estremamente razionale. Non insegna a leggere e suonare le note o a distinguere le varie correnti del jazz, ma a cercare un proprio stile, indipendentemente dallo strumento prescelto. Le singole sessioni durano non più di una ventina di minuti e il metronomo è spesso lo strumento principale. Il maestro impone di imparare a memoria alcuni standard e di eseguirli poi all’unisono con i colleghi; man mano che gli allievi progrediscono in questo esercizio, aumenta la velocità del metronomo. Fino a raggiungere livelli tali da richiedere un certo virtuosismo. Il procedimento viene quindi ripetuto in tutte le scale possibili e infine applicato non più alle composizioni lineari, ma agli assoli registrati da giganti come Lester Young o Charlie Parker.

Tristano ascolta Parker la prima volta a ventotto anni, nel 1947. Sebbene le origini, le esperienze e lo stile dei due artisti siano molto dissimili, la stima reciproca è subito alta. Tristano considera Bird come il più importante innovatore del jazz: «Strutturalmente la sua musica è talmente perfetta che per migliorarla non potresti cambiare nemmeno una sola nota». Per contro Parker dice di lui: «Avallo il suo lavoro in ogni dettaglio. Dicono che la sua musica sia fredda, ma sbagliano di grosso: ha un cuore grande così, può suonare dappertutto, con chiunque. È un musicista straordinario.»
Da sinistra: Billy Bauer, Eddie Safranski, Charlie Parker, Lennie Tristano.

I due si incontrano, musicalmente, in tre sedute di registrazione: quella dei Metronome All-Stars, organizzata dall’omonimo magazine per il 3 gennaio 1949 negli studios della RCA, è senza dubbio la più significativa. Oltre ai due, vi partecipano i trombettisti Miles Davis, Dizzy Gillespie e Fats Navarro, i trombonisti J.J. Johnson e Kai Winding, il clarinettista Buddy DeFranco, il sax tenore Charlie Ventura, il sax baritono Ernie Caceres, il chitarrista Billy Bauer, il contrabbassista Eddie Safranski e il batterista Shelly Manne. È un supergruppo di strumentisti che non collaborano per scelta individuale, ma perché ciascuno di loro è risultato primo (da solo o ex-aequo) in un sondaggio condotto tra i lettori di Metronome. Questo significa due cose fondamentali:

1) A parte l’esposizione collettiva (sia all’inizio che alla fine) dei temi, per gli assoli a ciascun membro dell’orchestra è riservato lo stesso numero di battute. Perciò, rispetto all’affiatamento tra colleghi, la personalità del singolo musicista è decisamente più evidente e, obviously, i giri di Parker e Tristano risultano essere i più arditi, dissacranti, innovativi.

2) Dopo essere stato eletto nel 1947 Metronome’s Musician of the Year tra un nutrito gruppo di possibili contender di nome Count Basie, Dave Brubeck, Tadd Dameron, Duke Ellington, Tommy Flanagan, Russ Freeman, Erroll Garner, Hank Jones, Al Haig, Hampton Hawes, Earl Hines, Wynton Kelly, John Lewis, Dodo Marmarosa, Thelonious Monk, Bud Powell, George Shearing, Horace Silver, Art Tatum, Billy Taylor, Cecil Taylor e Teddy Wilson, per due anni di fila (1948 e 1949) i lettori del magazine di jazz più prestigioso degli USA votano Tristano come pianista americano preferito.

Il profondo legame tra i due più grandi protagonisti del bebop e dell’improvvisazione atonale – ma infine anche autentici anticipatori del free jazz – è suggellato da un episodio storico, intimo, toccante: quando il 12 marzo 1955 Dizzy Gillespie chiama Tristano per comunicargli la morte dell’amico Bird, il pianista improvvisa e registra per la prima volta un pezzo sulla base delle 12 battute del blues. Nel brano, intitolato Requiem, c’è tutto il percorso musicale della cultura nera, ma ibridato con le radici del pianismo classico e moderno – da Bach e Schumann fino a Satie e Bartók.

È proprio durante questi anni che Lennie diventa un autentico caposcuola. La stampa specializzata, cogliendo una definizione di Lester Young, adotta l’etichetta di cool jazz e la applica allo stile praticato da buona parte dei suoi seguaci: per esempio il chitarrista Billy Bauer, il sax contralto Lee Konitz, il sax tenore Warne Marsh, il batterista Al Levitt, il pianista Sal Mosca, il compositore William Russo, il saxofonista Phil Woods.

Sebbene la musica di Tristano sia spesso nutrita dalle gemme tonali e atonali di Lester Young, di Art Tatum e di Bud Powell, le sue ricerche lo portano in un aldilà sonoro inimmaginabile per i suoi tempi. La sublime coesione bilaterale e allo stesso tempo la totale indipendenza delle sue mani nel surfing sulla tastiera gli consentono di suonare in sincrono su basi ritmiche completamente indipendenti, diverse, distanti.

Corre l’anno 1949 quando Kerouac intraprende i suoi viaggi On the Road eJacksonPollock inventa l’action painting con la sua opera Number 1. La profonda conoscenza e passione di Tristano per la musica di Debussy, Schönberg e Stravinskij lo porta a registrare, con un suo sestetto, le ardite costruzioni di Intuition e Digression, due brani nei quali non c’è alcuna struttura armonica, ritmica, tematica: l’intero sviluppo delle due composizioni è perfettamente lineare ma allo stesso tempo imprevedibile – esattamente come succede con la formazione delle nuvole, con la dinamica delle correnti marine, con la crescita di un organismo vegetale. Uniche, rigorose, irripetibili... magia pura. Tristano esprime ormai una sorta di panteismo musicale.
Lennie Tristano nella sua unica tournée europea, qui al Teatro dell’Arte a Milano (4 novembre 1965).

Ma eccoci finalmente arrivati all’appuntamento prefigurato all’inizio di questa ricerca. Storicamente ci inseriamo esattamente tra gli episodi già assegnati ai mostri sacri della musica classica e del rock: Herbert von Karajan e Bob Dylan.

11 giugno 1955.Sono passati appena tre mesi da quando Tristano ha salutato il complice e amico Bird con il suo struggente Requiem solista. Anche oggi Lennie è sempre seduto davanti al suo amato Bechstein, ma questa volta non è solo. Con lui ci sono il batterista Jeff Morton (morto nel 1996) e il contrabbassista britannico Peter Ind (tuttora vivente 91enne a Londra e autore di un illuminante saggio intitolato Jazz Visions – The Legacy of Lennie Tristano). Nella casa/studio situata sulla 317 East 32nd Street, a pochi isolati dall’Empire State Building, i tre pionieri sperimentano l’uso ancora piuttosto elementare di due registratori a nastro monotraccia. Tristano ne sa qualcosa, ma non gli basta, vuole sondare e scoprire il potenziale di ciò che oggi è un’operazione di pura routine: la manipolazione del suono.

Chiede ai due amici di suonare una base senza di lui, una sorta di traccia (metaforica e non) di pochi minuti, senza un vero inizio e una fine, senza accenti, senza alcun riferimento tematico o musicale. I due eseguono senza fiatare, e poi il maestro mette in play la loro base appena registrata riducendone del 50% la velocità. A questo punto, basandosi pedissequamente su quel ralenti, Tristano si scatena sulla parte sinistra della sua tastiera, producendo un vortice di suoni, sequenze, giri e aritmie monofoniche mai sentite prima da nessuna parte... da nessun autore, da nessun esecutore, nel corso dell’intera storia della musica umana. Fatta eccezione per pochi blocchi armonici «buttati giù» a due mani, l’intero brano è eseguito con la sola mano sinistra, nota dopo nota, dito per dito, senza mai accennare nemmeno a un solo accordo. Alla fine di quei nove minuti e due secondi appena registrati, Tristano ri-registra il tutto a doppia velocità e, di conseguenza, a doppia altezza del suono. Durata finale: 4 minuti e 31 secondi. Non c’è intro, non c’è conclusione – dopo poche misure di sola base ritmica, Tristano irrompe di colpo... e alla fine semplicemente sparisce sfumando in una manciata di secondi.

Il risultato è strabiliante: Tristano ha letteralmente superato un muro del suono artistico realizzando una sorta di Mach 2 – non della velocità, ma del riorientamento culturale, dell’innovazione, della creatività. Quel giorno sono sbocciati, tutti in una volta, lo speed up, una sorta di puntillismo sonoro, il track to track, uno sticking pattern eseguito con la tastiera, un nuovo codice Morse poetico, un formato vettoriale da registrare, in una parola: un remix.

Ho ascoltato la session decine di volte (anche a mezza velocità) e a ogni ascolto mi prende come se non l’avessi mai sentita prima. Viene il dubbio che, in modo insondabile, si tratti di una sequenza ancestrale, una sorta di battito materno quando il nascituro si culla ancora nel liquido amniotico, ma potrebbe anche essere un cifrario genetico o spaziale che ci arriva da chi sa dove...

Il titolo del brano è lapidario: ricalca il nome della via dove sgorgano quelle rapide inattese, profonde, vertiginose: East Thirty Second. Ovviamente quel pezzo e il suo genitore rimarranno a lungo incompresi. Esattamente come anni dopo succederà con Miles Davis, Jimi Hendrix, Glenn Gould o Friedrich Gulda, i critici musicali che a muso duro travisano sempre la metafora del bon ton, lo accusano di tradimento. Secondo loro quel brano è una frode: deviante, artificioso, geneticamente modificato. A tutto quel chiacchiericcio si aggiunge un’insinuazione ancora più meschina: siccome, secondo loro, il vate del cool jazz non ce l’avrebbe mai fatta a improvvisare con una tale velocità, Tristano è ricorso all’espediente umiliante del multi.tracking e dello speed up. Mai e poi mai quei banditori del culturismo ufficiale avrebbero potuto immaginare che, con quel salto di scala e di velocità, a Tristano premeva, prima di tutto, scoprire una nuova opzione timbrica. Infatti, oltre alla magnificenza lineare delle note, colpisce il respiro inaudito che sbuca dalla tavola armonica del Bechstein, toccato sui tasti e nelle viscere da uno dei più grandi prodigi dell’inventiva musicale.

Che la miserabile insinuazione sui limiti tecnici dell’artista fosse del tutto pretestuosa e immotivata, emerge in modo leggiadro e portentoso da una performance di nove anni dopo quando Tristano, in compagnia di Warne Marsh (sax tenore), Lee Konitz (sax contralto), Sonny Dallas (contrabbasso) e Nick Stabulas (batteria), ripesca quell’ispirazione lineare trasformandola in brano, all’Half Note Club di New York. Oltre alla vorticosa velocità di quella mirabile esecuzioneè istruttivo vederlo «suonare» in sintonia anche con il capo e soprattutto con le labbra.

A proposito dell’annoso dibattito sul significato del termine improvvisazione, Tristano si esprime così: «It’s not instant composing, it’s not following any kind of a formula. All you do is hear music in your head and reproduce it.» A evidentissima differenza di altri musicisti non vedenti (come Ray Charles, José Feliciano, Jeff Healey, Tete Montoliu, George Shearing, Art Tatum, Stevie Wonder), Tristano non cercava mai la vicinanza (né artistica, né fisica né verbale) dei suoi colleghi. Più che coniugare la sua musica insieme ad altri, gli premeva ascoltare e ovviamente – aggiungo io – elaborare, tradurre, ribaltare all’istante quei messaggi dentro di sé. In realtà, la sua musica non è mai corale, lavoro di gruppo, collaborazione, ma ascolto e rilancio puro o – anche solo – dominante espressione di sé: «The hippiest thing you can do is not play at all. Just listen».

Si aspettava sempre che anche gli altri facessero come lui: ascoltare, studiare, elaborare. Sarà per questo che prima ancora di inseguirlo come complice, amico, membro di band, i suoi colleghi lo cercassero prima di tutto come leader, maestro, ispiratore. «Un uomo solo al comando», come si usava dire di Fausto Coppi, anche lui irraggiungibile per eleganza, leggerezza e solitudine.

© Till Neuburg
Lennie Tristano, nato il 19 marzo 1919, morto il 18 novembre 1978.






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