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Contadino cinese al lavoro. |
Se leggi Le canzoni dell’aglio senza sapere nulla di Mo Yan, il suo autore cinese vincitore del Nobel 2012 per la letteratura, puoi pensare che sia opera di un dissidente inviso al regime, di un perseguitato in esilio. Perché si tratta di un grande romanzo contro gli abusi del potere, la stolidità della burocrazia, la corruzione delle istituzioni in Cina. E invece Mo Yan è tutt’altro che un ribelle: è anzi considerato un opportunista, così allineato allo stato e al partito da suscitare, col suo Nobel, rimostranze indignate nei circoli letterari dei paesi democratici. A spiegare la contraddizione fra l’uomo e la sua opera ci prova Antonio Moresco, con un illuminante commentosul sito Einaudi. Meno comprensibile è l’immunità che la censura politica della Repubblica popolare, di solito ferocissima, concede a uno scrittore di tale strepitosa e sovversiva acutezza. Vero è che la censura è stupida e cieca di default, e che i suoi guardiani non riescono probabilmente a comprendere quanta dinamite sia cosparsa tra le pagine di Mo Yan. Questo romanzo, per come lo vedo io, sta al regime come lo studente senza nome stava ai carri armati di piazza Tienanmen durante la rivolta di giugno del 1989. La contestazione, ne Le canzoni dell’aglio, è durissima e assolutamente palese: ben vengano gli “scrittori di regime” se sono tutti di questa tempra.
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Pechino, 5 giugno 1989. Il “rivoltoso sconosciuto” di Piazza Tienanmen (foto di Jeff Widener, Associated Press). |
Mo Yan affronta di petto un clamoroso quanto grottesco errore dei pianificatori di stato e le tragiche conseguenze sulla popolazione coinvolta. Ai contadini di una regione viene imposto di concentrarsi sulla produzione dell’aglio a discapito di altre colture. Ma, dopo l’abbondante raccolto, gli enti locali preposti all’acquisto e allo stoccaggio del prodotto danno prova di una tale disorganizzazione che un enorme surplus di aglio invenduto rimane a marcire e puzzare nelle campagne e nei villaggi. I contadini, già miserabili in tempi più propizi, sono ridotti alla fame. Non solo: i più sventurati tentano di ribellarsi e finiscono in prigione, dove vengono sottoposti ad atroci torture.
Non è propriamente materia da scrittori di regime, considerando peraltro che l’episodio si riferisce a eventi storicamente avvenuti. Il libro è un atto d’accusa senza reticenze, e – dal punto di vista letterario – un capolavoro di scrittura. Una solenne narrazione epica e poetica, nella quale trovano spazio vicende personali di stupefacente intensità drammatica. Come quella di un Romeo e di una Giulietta sfigatissimi, Gao Ma e Jinju, il cui amore è contrastato con inaudita violenza dalla famiglia di lei: Jinju è stata infatti promessa dai genitori a un tizio che per età potrebbe essere suo padre, in cambio di un matrimonio gemello combinato a favore del fratello maggiore della ragazza, disabile e impossibilitato a trovarsi una moglie per conto suo. La storia dei due ragazzi mette altre dita nella piaga delle ingiustizie e inefficienze sociali in Cina: l’incapacità politica di far rispettare le leggi (che prevedono l’abolizione di tradizioni secolari come quella dei matrimoni combinati) e la perdurante condizione di sottomissione della donna, anzi di schiavitù.
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Nelle campagne del Guangxi. Foto: Joel Santos. |
Ma è lo stile con cui Mo Yan racconta queste e altre magagne a rendere così impressionante il suo libro. Una vertigine d’immagini ispirate dall’esperienza diretta (l’autore è nato in una famiglia di contadini e custodi di bestiame) e scolpite con emozionante senso della visione: «È mezzogiorno e i raggi del sole bruciano. È un bel po’ che non piove, e fra il cielo e la terra fluttua una polvere torbida e spira un tanfo di aglio marcio. Uno stormo di corvi bluastri vola esausto sopra il cortile e le loro ombre grigio chiaro sfrecciano sul terreno. L’aglio raccolto e non ancora intrecciato è stato ammassato in cumuli disordinati, e sotto al sole cocente manda zaffate putride. Accovacciato davanti a un tavolino nella stanza centrale della casa, con le sopracciglia spioventi abbassate dalla malasorte, Gao Yang tiene in mano una tazza di zuppa d’aglio e cerca di controllare la nausea che gli monta dallo stomaco.»
L’aglio putrefatto, ultimo alimento disponibile per i più umiliati e offesi del villaggio, avvolge in un’onda maleodorante gli aneliti alla sopravvivenza e le sciagure a catena di un gruppo di personaggi la cui corporeità non ha più nulla che li distingua dalle piante e dagli animali. Quando la coppia di giovani innamorati si dà alla fuga nella speranza di trovare un luogo meno disumano in cui vivere, la loro prima notte d’amore in un campo di canapa sembra l’equivalente in movimento di un dipinto di Van Gogh: «Ora osservando il cielo blu scuro si rese conto che stava vorticando. Stesa fra le piante provò la sensazione di trovarsi su una barca: deve essere così navigare, pensò. [...] Due uccelli notturni volteggiavano a mezz’aria, fendevano la rada foschia simili a frecce scoccate verso i campi [...] Il corpo di Gao Ma era coperto da quei punti luminosi verdi che riempivano anche le piante di canapa, saltavano, volavano, disegnando splendide linee arcuate dalle forme mutevoli...»
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Bulbi di Allium sativum. Foto: Jonathunder. |
Satira, dramma e lirismo s’intrecciano mirabilmente nelle scene di massa: quando i contadini e le bestie da soma, dopo un lungo e faticoso viaggio notturno, raggiungono la cooperativa del distretto credendo di poter vendere il loro carico, la descrizione del traffico, del caos, degli incidenti, degli abusi ai posti di controllo e della disperazione finale raggiunge vertici di epos e sarcasmo esilaranti e al tempo stesso struggenti. Altrettanto apocalittica ed esplosiva la sequenza della rivolta dei contadini prima illusi, poi traditi dallo stato che dovrebbe proteggerli. Della stessa mistura di opposti (dolore e ilarità) sono fatti i versi del cantastorie cieco Zhang Kou, che segnano l’apertura ai ventuno capitoli del romanzo. Per esempio:
A rischio di essere fatti a pezzi
Rovesciamo il segretario del partito e il capo distretto
La rivolta delle masse è contro la legge?
E nascondersi dietro le porte chiuse, coprire i subordinati, sfruttare i contadini?
Un altro dei pregi di questa saga dell’aglio è il montaggio degli episodi: non lineare, cronologico, ma funzionale alla creazione di attesa nel lettore e alla rivelazione differita sia delle cause sia degli effetti di questa o quell’azione. Mo Yan ha lavorato anche per il cinema e la televisione, e si vede; altre sue opere, come il famoso Sorgo rosso, sono state adattate con successo per lo schermo.
I romanzi e i racconti di Mo Yan, Gao Xingjian (Nobel 2000), Zhong Acheng, Bai Xianyong, Ba Jin, Han Shaogong, Lu Wenfu, Su Tong, Xu Xing, Can Xue, Dai Sijie – per citare alla rinfusa alcuni dei non molti narratori cinesi tradotti in Italia – ci aiutano a scoprire una grande letteratura e la realtà di un paese con il quale non abbiamo ancora sufficiente dimestichezza. Ogni libro è un viaggio. E la Cina di questi scrittori è spesso sorprendente per freschezza intellettuale, vitalità letteraria e senso dell’umorismo.
© Pasquale Barbella
Mo Yan
Tiantang suantai zhi ge
1988
Le canzoni dell’aglio
traduzione di Maria Rita Masci
Einaudi, 2014
Scheda Einaudi sull’autore
Mo Yan, premio Nobel per la Letteratura nel 2012, nasce nel 1955 da una famiglia numerosa di contadini poveri, a Gaomi, nella provincia dello Shandong. Nel febbraio del 1976 abbandona il povero e isolato paese natale per arruolarsi nell’esercito. Fa il soldato semplice, il caposquadra, l’istruttore, il segretario e lo scrittore. Nel 1997, congedatosi dall’esercito, inizia a lavorare per un giornale. Nel frattempo si è laureato presso la facoltà di Letteratura dell’Istituto artistico dell’Esercito di liberazione popolare (1984-1986) e ha ottenuto un master in studi letterari e artistici presso l’Università normale di Pechino (1989-1991). Inizia a pubblicare nel 1981.
Fra le sue numerose opere narrative, Einaudi ha finora pubblicato Sorgo rosso, L’uomo che allevava i gatti, Grande seno, fianchi larghi, Il supplizio del legno di sandalo, Le sei reincarnazioni di Ximen Nao, Le rane e Le canzoni dell’aglio. Delle sue undici novelle si ricordano Felicità, Fiocchi di cotone, Esplosioni, Il ravanello trasparente. Tra i racconti, Il cane e l’altalenae Il fiume inaridito, che Einaudi ha pubblicato nella raccolta di racconti L’uomo che allevava i gatti.
Ha anche scritto opere teatrali e sceneggiature cinematografiche come Sorgo rosso, Il sole ha orecchie, Addio mia concubina. Il film Sorgo rosso è stato premiato con l’Orso d’oro al Festival del cinema di Berlino e Il sole ha orecchie con quello d’argento. Nel 2005 gli è stato assegnato il Premio Nonino per la sua intera opera.