Gentile signor
Franz Kafka
Nuovo Cimitero Ebraico
1, Izraelská
712, Žižkov, 130 00 Praha 3, Repubblica Ceca
per conoscenza:
Dott. Salvatore Rossi, Presidente del Consiglio di Amministrazione e Presidente del Comitato Sostenibilità di TIM
Dott. Luigi Gubitosi, Amministratore Delegato, Direttore Generale di TIM
Sig.ra Anna Maria Mazzini (Mina), tesTIMonial TIM, Lugano
Gentile signor K,
perdoni se mi prendo la libertà di violare la sua inTIMità pur essendo consapevole della sua legitTIMa condizione di defunto. Del resto, scrivere ai viventi non è piú di moda; anzi, per quanto mi riguarda, io a certi viventi non riesco piú nemmeno a telefonare. Secondo gli sTIMati operatori del 119 e del 191, per esempio, io non esisto, sebbene paghi puntualmente fatture mensili salatissime, consultabili nell’area personale MyTIM del sito https://www.TIM.it
La disturbo, signor Franz, perché vedo in lei l’unico compagno di sventure in grado di provare i miei senTIMenti di cittadino invisibile e, al tempo stesso, vitTIMa in balia di poteri avversi.
Tutto è cominciato quando mi sono avveduto (molto tardi, ahimè, per mia poetica e colpevole distrazione) che per le utenze telefoniche – tutte di Telecom Italia, «TIM» per gli amici – pagavo piú del doppio di qualsiasi utente «normale». Pagavo e continuo a pagare, con masochistica perseveranza, conti separati per il telefono di casa, il mio cellulare e il cellulare di mia moglie (quest’ulTIMo con ricariche acquistate di volta in volta e durevoli l’espace d’un matin). E ho scoperto che avrei potuto modificare il mio ingeneroso piano tariffario con una sola bolletta, comprensiva di fisso, internet, fibra e due cellulari, risparmiando un mucchio di soldi e di veleno burocratico.
Sono andato, carico di speranze luminose, in un negozio TIM. Ho portato con me le fatture piú recenti, scaricate da MyTIM. Un ragazzo mi ha spiegato che il contratto relativo alla mia linea mobile non rientra nella categoria utenti privati. Per accedere alla mia tariffa preferita, ha detto, avrei prima dovuto chiamare il 119 e chiedere la migrazione alla categoria privati (detti anche consumer). «Lo faccia subito e domani torni qua, che sistemiamo tutto. La aiuterò anche se non riuscisse a risolvere il problema con il 119», ha concluso il giovanotto, con un TIMbro di voce sincero e promettente.
Al 119 mi hanno rivelato, sbrigativamente, che il mio numero di cellulare non è di loro pertinenza. Tanti saluti e buonasera. Il mattino seguente sono ritornato nel negozio TIM. Allo stesso ragazzo del giorno prima ho comunicato il responso dell’oracolo 119. Ma evidentemente, durante la notte, il mio angelico interlocutore deve aver subito una metamorfosi come quella del nostro comune amico Gregor Samsa, gentile signor K. Questa volta, senza girarci troppo intorno, ha dichiarato di non poterci far niente. «Provi ad andare in un negozio TIM», ha aggiunto, come se la nostra conversazione non si svolgesse in un negozio TIM ma in una bottega di alchimisti di Hradčany dediti alla purificazione dell’anTIMonio per liberarne il fuoco interiore. «Credevo che questo fosse un negozio TIM», ho obiettato TIMidamente, puntando l’indice verso l’insegna bianca, rossa e blu. «Sí, ma siamo ospiti di un centro commerciale. I negozi TIM ufficiali sono fuori dai centri commerciali.»
Il terzo giorno sono andato in città, in un otTIMo negozio TIM situato in centro, zona pedonale. In un atTIMo la cortese operatrice ha controllato on line il mio numero di telefono e ha confermato l’anomalia del mio contratto. «Dovrebbe telefonare al 191 e chiedere la migrazione da business a consumer.» Il 191 è il numero TIM che si occupa di aziende e professionisti, mentre io – caro Franz – sono solo un antico pensionato, sTIMato da chi mi conosce ma inTIMorito dall’imminenza della morte. E pazienza: non importa: avrei dovuto occuparmi in modo piú energico dei telefoni quando migrai nel diparTIMento pensionati, tanti anni fa. Il problema è un altro. Il 191 rifiuta di riconoscere la mia esistenza. «Spiacente, signore, il suo numero non esiste. Provi col 119.» «Il 119 l’ho già consultato, non esisto neanche per loro.» «Riprovi.»
Riprovo. Mi risponde una signora dalla Romania. La sostanza non cambia: se non esisto in Italia, non esisto nemmeno sui Carpazi, nel Danubio o nel Castello di Bran. «Pago, dunque sono!», protesto sull’orlo di una crisi di nervi, come un Cartesio scartato alle finali di matematica e filosofia. «Mi ripeta il numero del suo cellulare.» Ripeto. «Non c’è, signore. Mi dia la sua partita Iva.» «Non ho nessuna partita Iva». «Allora mi dia il codice fiscale.» Le detto il codice fiscale. «Deve rivolgersi al 191.» Punto e basta. Il mio destino di utente non si muove di un cenTIMetro.
Lei deve aver sperimentato in prima persona le inTIMidazioni della burocrazia, signor K, ma credo che i personaggi principali delle sue opere abbiano sofferto persino piú di lei. Ecco, mi consideri un suo personaggio postumo. Che devo fare? Che mi succederà nelle prossime setTIMane o nei prossimi lustri e millenni? Emigrerò in America (il paradiso dei consumer) come Karl Rossmann? Morirò come un cane, accoltellato in una cava di pietra? O di esaurimento, poco prima di ricevere dal Sacro Tribunale dei Telefoni Mobili l’ufficializzazione del diritto di esistere? Qualcuno mi abbatterà sparandomi nelle reni, a cannonate, una tonnellata di mele renette? Riposerò come un vecchio comandante, prima di risorgere dalla tomba e condurre i miei prodi alla conquista e occupazione della rocca di TIMopoli?
Addio, amico Franz. L’importante è finire. Mi saluti Mina e Max.
Pasquale Barbella