Quantcast
Channel: Dixit Café
Viewing all articles
Browse latest Browse all 910

Cronache da Purgatown

$
0
0

Oltre ai continenti che s’imparano a scuola, ve ne sono alcuni sommersi nelle viscere oscure della coscienza umana, noti ai più come Paradiso, Purgatorio e Inferno ma comunemente ignorati dalla geografia, dalla geologia e dalla geopolitica. Editori grandi e piccoli forniscono guide turistiche per chi voglia addentrarsi in quei luoghi esoterici; le migliori le ha compilate un italiano, tale Alighieri, ma non sono aggiornate. In mancanza di notizie più fresche dovrete accontentarvi dei miei reportage, purtroppo incompleti e imprecisi. Sono appena rientrato da Purgatown, la futuristica nuova capitale del Purgatorio, e mi limito a registrare il poco che ho visto e capito.

Va subito detto che la città non offre attrazioni degne di nota. Se vi piacciono i monumenti di buona fattura, le architetture di pregio, i prati ben pettinati, i ristoranti con le stelle, le cattedrali gotiche e i quartieri a luci rosse, restatevene a casa. I musei non ospitano opere suggestive, la radio e la televisione trasmettono solo notiziari deprimenti e gli unici generi musicali correnti sono il country padano, gli stornelli stonati, i cori alpini e i canti da messa più dimessi, quelli in auge anche da noi. Nei ghetti si parlano idiomi di varia provenienza – tranne l’arabo, lo swahili e l’yiddish, proibiti per legge – e la lingua ufficiale è un latino deviato, approssimativo e infarcito di trash mafiocratico. I locali pubblici più frequentati da chi non sopporta il regime vigente sono le Sat, sterminate sale d’attesa illuminate da tubi al neon e arredate con svolazzi di carta moschicida. I dissidenti ci vanno a stazionare per giornate intere sperando di veder comparire l’Idolo Ideale e strappargli un autografo. L’atteso, di nome Godot, è più latitante di un boss di Cosa Nostra condannato in contumacia. I postdemocratici lo voterebbero in massa per rovesciare Pontius Pilatus, l’imperturbabile subcomandante della confraternita bipolare al potere.

In sella da mesi che sembrano millenni, Pilatus è formalmente uno statista ma della specie più statica: non s’impiccia delle altrui miserie e libertà ma bada piuttosto a non irritare i suoi consiglieri e i suoi portantini. I quali, più determinati di lui, esigono a gran voce soldi e pistole da distribuire al popolo per arruffianarselo meglio. Il cittadino Barabba, portavoce del portavoce del governo dei vice, ha tentato una rapina a mano armata per affrettare i tempi di consegna dei sussidi promessi alla folla: «O la borsa o la vita!», ha intimato al custode dei caveau di stato, il triadico ministro dell’Isola del Tesoro. Il suo piglio piratesco non ha smosso di un millimetro la flemma di Pilatus. Saggiamente egli si adegua, si astiene e tace. Tace anche quando i pensatori di turno, laureati alla Facebook University, sostengono che «i bitcoin esistono. Basta volerli trovare».

Del resto il Purgatorio, non dimentichiamolo, non è altro che un immenso camposanto: un mondo più virtuale che virtuoso dove scarseggiano le industrie, il lavoro, il futuro. Vige il baratto di poltrone e servizi fai-da-te, laddove non si arriva con lo scambio di favori di mafievole memoria. Gli oppositori sono già tutti morti, anche se fingono di muoversi, camminare, parlare e mangiare. Eppure, come dicevo, questi defunti un po’ speciali cominciano ad agitarsi. C’è chi parla apertamente di «Primavera purgica» e circolano slogan di protesta come «Occupy Limbo», «Avernus is better» e «Pilatus, giù le mani dal catino».

In realtà una forma di economia, seppure arcaica, esiste anche qui. La pastorizia, ad esempio. E l’agricoltura, limitata però alla produzione di pochissime specie. La più comune è il ricino: si direbbe che sono i campi di ricino a dare al paesaggio la sua impronta specifica. Se ne ricava un olio autarchico, buono a tutti gli usi: l’alimentazione, la medicina, lo sciamanesimo, la cosmesi. E si esporta pure, il ricino, anche se alcuni dei maggiori importatori hanno imposto dazi salati sui barili di semi in arrivo per proteggere la produzione di euforbiacee locali. Proprio i campi di ricino, a quanto pare, sono all’origine delle controversie che stanno minando l’alleanza dei borghi aderenti all’Unione Purgatoriale. Tra i proprietari di orti limitrofi scoppiano guerre di confine che i trattati di convivenza non avevano previsto, e le dispute producono insulti, boicottaggi, rappresaglie, risse e code giuridiche di cui non si vede la fine. I ricinosi più virulenti minacciano deflussi valutari, scissioni diplomatiche, stivali svasticati, divise di orbace e remissione unilaterale dei debiti.

Nel frattempo a Purgatown si fa strada l’idea di un decreto legge per la bonifica della lingua: le parole «barca» e «razzismo» sono già nella black list dei termini candidati all’espulsione dal vocabolario, per evitare che vengano usate in modo polemico contro i fautori del porto chiuso e, ovviamente, contro i razzisti.

Riporta la stampa locale che i vicerè di Pilatus, in comune disaccordo sulle priorità di governo, non sarebbero del tutto contrari all’istituzione di elezioni anticipate, ma allo stesso tempo insistono sulla necessità di un regime stabile. Intanto nelle piazze si vanno formando movimenti e compagini che – pur nella varietà di obiettivi e programmi – fanno fronte comune inneggiando alla depilatio, ovvero alla destituzione del premier. «Facimus pilum et contropilum Pilato!», urlano i più vocalmente dotati. Il partito dei godottiani sarebbe in lenta ma costante ascesa nei favori dell’opinione pubblica, secondo sondaggi non confermati. Si attendono da un momento all’altro l’apparizione di questo messia senza volto e la sua «discesa in campo». Ma l’oligarchia dei filosofi trasmette vibrazioni di scetticismo. Un nichilista vicino a Pilatus ha pubblicato un pamphlet dal titolo corrosivo: Gaudentes Gaudium creant, che si può tradurre più o meno così: «Chi vuol godere s’inventa un Godot».

La questione dei rifugiati

Ho visitato anch’io alcune Sat per ascoltare le voci degli avventori. I discorsi che fanno, i loro sentimenti (se ne hanno), le loro opinioni. La questione delle anime migranti è, a quanto pare, il tema caldo del momento. C’è chi vorrebbe proibire o limitare drasticamente gli sbarchi dall’Avernus, invocando leggi restrittive e confini minati contro l’intrusione di esuli provenienti dalle regioni pressate da regimi luciferini. I sostenitori più inflessibili di questa fazione si dichiarano contrari all’asilo politico come a qualsiasi altra iniziativa proposta da organizzazioni umanitarie. Un tipo di protesta cui se ne contrappone un altro, uguale e contrario: in molti vorrebbero l’abbattimento delle frontiere del nord, per consentire la libera circolazione dei purghesi nelle lande del Paradiso. Ma per rendere possibile una simile utopia sarebbe necessaria una lunga trattativa col governo di Dio, e al momento non si vedono spiragli incoraggianti in tal senso.

Questa diatriba delle frontiere è una delle contraddizioni più indicative dello stato d’animo prevalente in Purgatorio. I purghesi sono indecisi su una questione vitale: non sembrano felici della loro patria ma, nel contempo, sono pronti a difenderla persino con la violenza. Per cambiarla? Se così fosse, i loro impulsi non sarebbero privi di logica. Ma non è certo che sia così. Da altri indicatori si evince che non esiste popolo più conservatore, più tradizionalista, più immobilista dei purghesi. L’aria che tuttavia si respira qui, di questi tempi, non prelude – almeno in apparenza – alla prosecuzione dell’attendismo pacifico, la costante a noi più nota della cultura sociopolitica locale. Detto in parole povere: c’è anche da queste parti, ormai, una fascia di cittadini che non vedono l’ora di menare le mani. Anzi, più d’una fascia. Ci sono gruppi fuori legge ma stranamente tollerati, come gli Svast, i Razz, i Kazz, i Leg, i Fob, gli Xen e altri, che si atteggiano a innocui coltivatori di ricino ma sarebbero lieti di instaurare un regime illiberale sul modello vigente in Avernus. Alcuni vorrebbero interrompere le relazioni diplomatiche col Paradiso, per togliere di mezzo qualsiasi anelito a un lifestyle superiore e mantenere così sotto il tallone i soggetti inclini a qualche forma residua di idealismo. Si vocifera, intanto, che il silenzio degli intellettuali sia stato in parte ispirato dalla libera iniziativa di ronde di volontari non meglio identificate.

Nelle principali città cominciano tuttavia a circolare sottobanco pubblicazioni invise sia al governo che ai suoi oppositori. Una di queste, un foglio di periodicità irregolare intitolato Untitled, è uscita di recente con un’intervista a Plato Johnson di cui riportiamo qui uno stralcio. Val la pena di avvertire i lettori che Plato Johnson è, con ogni probabilità, un nome fittizio, scelto come pseudonimo, per motivi di sicurezza, da un personaggio pubblico non identificato.

«Dottor Johnson, ritiene ancora possibile la formazione di un’opposizione politica alla Triade di Pilato?»

«No.»

«Perché?»

«Pilato conta come il Tre di Coppe in una briscola comandata dall’Asso di Bastoni e dal Due di Denari.»

«E dunque?»

«I purghesi doc sono sensibili al fascino della Trinità. Chi fa da tre fa per sé.»

«Questa non l’ho capita.»

«Neanch’io. Ma l’opposizione è divisa. Lì vige il motto contrario, chi fa da sé fa per tre.»

«Maestro, è possibile la democrazia dove non c’è opposizione?»

«Dipende da cosa si intende per opposizione. In questo caso l’opposizione ha vinto libere elezioni, dunque può esercitare democraticamente il diritto di dittatura.»

«E che ne è dell’opposizione all’opposizione?»

«Si oppone a ogni forma di ricostruzione dell’opposizione.»


© P.B.





Viewing all articles
Browse latest Browse all 910