Fa quasi tenerezza la scena in cui Sterl (l’attore Jonathan Watton), completamento nudo e visibile dalla faccia ai piedi, si masturba seduto in poltrona davanti alla macchina da presa: è il momento più rilassato di Maps to the Stars, l’ultimo film di David Cronenberg. Il resto comprende, in ordine alfabetico: Aggressioni paterne a figlia psicolabile, Assassinio mediante spaccamento di cranio, Commercio di feci, Coprofilia, Coprolalia, Deiezioni, Incesti multipli, Matricidio, Matrimonio tra consanguinei, Pedofilia, Perversioni di adulti e bambini, Peto, Piromania, Psicopatologie estreme, Puzza umana, Sesso a tre, Sesso anale in limousine, Sfruttamento minorile, Spargimento volontario di liquido mestruale su divano da 18.000 dollari, Stalking, Strangolamento, Tossicodipendenza infantile, Trattamenti psicoterapeutici a base di sadomasochismo, Turpiloquio spinto, Urlo di gioia per annegamento di bambino. Manca qualcosa di sicuro; se me ne ricordo lo inserirò in un secondo tempo.
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John Cusack interpreta il ruolo di un carismatico quanto discutibile psicoterapeuta di star. Anche lui ha molto da nascondere nel film di Cronenberg. |
Mi rendo conto che un elenco come questo dice poco del film. Del resto nemmeno Pasolini scherzò, con Salò o le 120 giornate di Sodoma; senza contare dozzine di horror e action movies dove gli squartamenti si sprecano, tanto per limitarci alla sola estetica criminale. Il fatto è che Cronenberg non è meno ambizioso di Pasolini, e certamente ha voluto dirci qualcosa di molto acuto con Maps to the Stars. Escludo che la sua intenzione sia stata quella di stigmatizzare i vizi e le assurdità di Hollywood Babylon. Troppo facile: e comunque altri ci hanno pensato prima di lui, con film più avvincenti del suo. Conoscendo il curriculum del regista (che include opere di vario spessore, talvolta eccelso) e le tematiche che gli sono più care, viene da pensare che ancora una volta abbia voluto affrontare il mistero dell’eterno dualismo fra il corpo e la mente. Sembra dirci, l’autore canadese qui per la prima volta in azione negli States, che il corpo è innocente e ingiudicabile di default, mentre le infrazioni e le colpe vengono tutte dalla psiche. Oddio, non mi pare una grande scoperta.
Julianne Moore nel ruolo di un’attrice in declino ancora più nevrotica di Gloria Swanson in Viale del tramonto di Billy Wilder. |
Ma una tesi è una tesi, e per ragionevole o bislacca che sia impone a sceneggiatori e registi l’obbligo di un saldo impianto progettuale e narrativo. Troppi colpi di scena, per esempio, deprimono l’attenzione invece di eccitarla. Idem per qualsiasi altro tipo di eccesso: uno ti prende e ti perturba, cento ti ammosciano. Maps to the Stars produce un grottesco effetto barocco che starebbe in piedi solo se si trattasse d’un film satirico. E qua e là strappano anche una risata, le situazioni e i dialoghi allestiti dal perfido sceneggiatore Bruce Wagner. Ma la cifra del progettaccio è più tragica che umoristica. Per funzionare, il black humour richiederebbe un dosaggio più accorto degli ingredienti.
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Evan Bird è il tredicenne che nessun genitore vorebbe avere come figlio, a meno di non poterne ricavare qualche milione di dollari. |
Non c’è dubbio che Wagner e Cronenberg morissero dalla voglia di épater le bourgeois. Ci sono riusciti, ma così sono capaci tutti. Date a un regista di visionario talento tutto ciò che vuole (un cast formidabile, un cinematographer come Peter Suschitzky, un soundtrack di Howard Shore) e il risultato non può che spaccare: non succede mica tutti i giorni di vedere Julianne Moore seduta sul cesso mentre strapazza una torbida assistente dal volto ustionato (Mia Wasikowska), o Evan Bird (tredici anni all’epoca delle riprese) che commette più trasgressioni di quante possa averne catalogate il Doktor Freud.
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Mia Wasikowska compie azioni orribili, ma è paradossalmente il personaggio meno ripugnante di tutti in Maps to the Stars. |
Narcisismo, ambizione, cinismo senza freni e, soprattutto, sete implacabile di soldi e successo: questa, sì, è la miscela che spinge alle peggiori nefandezze, secondo Wagner e Cronenberg. Come dargli torto? L’avidità, la rapacità, l’egocentrismo come scatenati intermediari tra la mente e il corpo (il proprio e l’altrui). Ma se tutti, proprio tutti, i personaggi della vicenda fanno a gara di contorsione psichica e morale, la tesi diventa orfana di dialettica. Credo che l’essenza della drammaturgia stia nello scontro di posizioni o situazioni conflittuali, mentre qui tutti duellano con tutti, compresi sé stessi e i fantasmi che popolano i loro incubi. Da Maps to the Stars si esce più frastornati che inquieti o, semplicemente, divertiti.
© Pasquale Barbella
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Robert Pattinson ha l’aria del bravo ragazzo, ma fa in fretta a lasciarsi corrompere dal malefico mondo di Hollywood e a tradire chi si fida di lui. |
Maps to the Stars. Regia: David Cronenberg. Sceneggiatura: Bruce Wagner. Fotografia: Peter Suschitzky. Musica: Howard Shore. Cast: Julianne Moore, Mia Wasikowska, John Cusack, Evan Bird, Olivia Williams, Robert Pattinson, Sarah Gadon, Jonathan Watton, Gord Rand, Justin Kelly. Prospero Pictures, Sentient Entertainment, SBS Productions, Integral Film. Canada-Germania-Francia-USA, 2014.